Notiziario di Mercoledì 3 Dicembre 2003
Da sette giorni sono come prigionieri sull'isola. Non quella dei famosi, ma quella di Lampedusa. Non sono clandestini, ma sono 11 pescatori libici salvati, lo scorso 25 novembre, dalle motovedette della Guardia Costiera, dopo avere lanciato l'SOS in quanto la loro imbarcazione era in avaria. In un primo momento erano stati scambiati per clandestini, ma successivamente, quando a circa 50 miglia da Lampedusa si sono portate le unità della Capitaneria, si è scoperto che in realtà si trattava di pescatori in difficoltà. La loro imbarcazione è stata così scortata sino al porto dell'isola. E da allora sono ormeggiati al molo. Per ripartire e tornare in Libia, l'equipaggio avrebbe bisogno di soldi per acquistare il carburante e sistemare il motore della barca. Ma in tasca hanno pochi dinari che a Lampedusa non vengono accettati. Gli 11 uomini possono scendere dalla nave, ma non possono superare l'area portuale. Non hanno cibo e acqua e solo ieri, grazie alla sensibilità del responsabile del centro di accoglienza, Claudio Scalia, hanno potuto fare la doccia e avere i primi viveri. Siamo allo stremo, hanno raccontato i pescatori ai volontari del centro d'accoglienza, non sappiamo come lasciare Lampedusa. I soldi dovrebbero essere versati dai loro familiari e dallo stesso armatore, ma in queste ultime ore sono sorti dei problemi burocratici che stanno allungando i tempi. Il sindaco di Lampedusa, Bruno Siragusa, allarga le braccia: il problema, ha detto, non è di competenza del comune. Da parte sua il comandante della capitaneria di Porto, Michele Niosi, precisa che gli 11 libici non sono prigionieri sulla nave, ma possono muoversi liberamente a patto di non superare l'area portuale. Insomma, una vicenda che rischia di provocare anche un incidente diplomatico. Se si fossero dichiarati clandestini, a quest'ora gli 11 libici sarebbero a casa.