Notiziario di Giovedì 16 Ottobre 2003
Una visita impressa nella mente di tutti. Ed anche quelle sue parole, come macigni, ancora granitiche nella coscienza di ogni siciliano. La due giorni del Papa ad Agrigento, l’8 e 9 maggio di 10 anni fa, ha rappresentato davvero un momento storico per la Sicilia e per la stessa comunità cristiana. Ha salutato Agrigento madre di menti eccelse e di cuori generosi e la Chiesa agrigentina intrepida nella fede. Ha invitato i giovani siciliani, riuniti allo stadio, di uscire dal guscio, di alzarsi e di mettersi in cammino per liberarsi dal proprio egoismo e aprirsi ai fratelli. Ha raccomandato i sacerdoti e i religiosi a formare uomini nuovi, annunciando Gesù e presentandolo come centro del genere umano. Ha esortato gli imprenditori raccolti al Palacongressi a riscoprire la cultura d’impresa e ad impegnarsi per un rinnovamento della politica, depurandola dalle torbide logiche clientelari. Ma è alle 7 della sera, avvolto dal rosso tramonto agrigentino, che il Papa riserva la sorpresa più grande: l’anatema ai mafiosi. Un fuori programma che spiazza tutti, anche i suoi più fedeli collaboratori. Dio ha detto una volta non uccidete, tuona da Piano San Gregorio, in diretta TV: non può l’uomo, qualsiasi agglomerazione, mafia, calpestare questo diritto santissimo di Dio. Il Papa è un fiume in piena e in un crescendo rossiniano, con l’indice verso l’alto, ammonisce: lo dico ai responsabili. Convertitevi, un giorno verrà il giudizio di Dio. Un discorso che scuote le coscienze di tutti. Parole come macigni. E’ la prima volta che un Papa parla in questo modo contro la mafia. Per la prima volta c’è la condanna della mafia come peccato. E c’è voluto un papa straniero, un polacco che per un giorno abbiamo sentito sicilianissimo.