Notiziario di Lunedì 30 Gennaio 2006
E in queste ore tengono banco in Sicilia le dichiarazioni del Superprocuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, a proposito della presenza nelle liste di candidati indagati per mafia che, aveva detto, sarebbero graditi a Cosa Nostra. Un messaggio diretto all'Udc e soprattutto a Totò Cuffaro nuovamente in corsa per le regionali. Oggi non mancano le reazioni. Seguiamo.
Gli indagati in lista è un segnale gradito ai boss. Parole chiare quelle del procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, pronunciate a Palermo nel corso della conferenza nazionale sulla mafia, organizzata da Rifondazione comunista. Parole dirette, senza tanti giri, all'Udc e a Totò Cuffaro, sotto processo per favoreggiamento di Cosa Nostra. Ieri il Governatore aveva evitato qualsiasi replica: "Per me parla il segretario del partito" aveva detto a caldo. Il semplice "non condividiamo le parole di Grasso", pronunciato dal leader dell'Udc, Lorenzo Cesa, gli era sembrato sufficiente. Ma il giorno dopo l'esternazione del capo della Dna, Cuffaro ha deciso di rispondere direttamente. Ribadendo l'intenzione di non fare commenti sulla vicenda processuale che lo riguarda ma affidando all'elenco dei provvedimenti adottati dal suo governo la prova che Cosa nostra da lui "ha potuto raccogliere soltanto segnali di forte contrasto". Il presidente ha ricordato "i protocolli di legalità sottoscritti con il ministero degli Interni e la Guardia di Finanza, l'istituzione delle stazioni uniche appaltanti; il sequestro dei pozzi, la chiusura di 270 discariche abusive". Che il centrodestra abbia condotto "una lotta alla mafia senza precedenti" è convinto anche il ministro per gli Affari regionali Enrico La Loggia. "Siamo convinti - ha detto - che Salvatore Cuffaro sia in buona fede, lui stesso ha detto che se fosse condannato abbandonerà la politica, ma sappiamo che è una persona per bene e tra l'altro è un vincente". Ma se La Loggia ha evitato la polemica diretta con Grasso, più netta è stata la replica del coordinatore Azzurro Angelino Alfano, secondo il quale "la Procura di Palermo, in questi anni, ha sbagliato processi a importantissimi politici". "Ci sono state troppe assoluzioni per potersi fidare solo delle indagini", ha commentato. E al procuratore nazionale che aveva sollecitato i partiti a dotarsi di codici di autoregolamentazione ha risposto: "La regola migliore è la sensibilità delle singole entità politiche su un tema così delicato". Di segno decisamente diverso il commento del vicepresidente della Margherita a Montecitorio, Franco Monaco. "Se un magistrato garantista come Grasso - ha osservato - sente il dovere di fare appello alle forze politiche perché non candidino inquisiti o rinviati a giudizio, ciò sta a dire che la situazione è critica".